top of page
  • Immagine del redattore CET

Coupe Fiat, Lampredi e coincidenze...

Non so come andrà finire ma più ci penso e più mi convinco che la mezza follia che ho in mente è legata al destino.


Ricordo molto bene il giorno in cui mio cugino si sposò e arrivò in chiesa a bordo della sua Fiat Coupe Turbo 16v rosso fiammante, auto che teneva come una reliquia... di più, come un gioiello... di più... come l’unica cosa da salvare sulla Terra in caso di catastrofe nucleare, ecco... non so se ho reso l’idea...

Era la seconda metà degli anni novanta e la acquistò appena entrò in produzione, innamorato da sempre del marchio Fiat e folgorato da quell'idea di “coupe” in salsa torinese: velocissima, originale, ma vivibile anche tutti i giorni, con due posti anteriori comodi e accoglienti, due posteriori meno sacrificati del previsto e un bagagliaio più che decoroso.

C’ero già salito una volta come passeggero: fui subito colpito dalla cura e dalla finitura degli interni, sicuramente “fuori standard” per le Fiat di quel periodo; in effetti veniva assemblata dagli stabilimenti Pininfarina che curò anche il design degli interni stessi.

Gli interni nell'allestimento "PLUS", il più lussuoso

La linea invece, come noto, fu deliberata dal centro stile interno Fiat alla cui guida c’era l’allora giovane promessa californiana Chris Bangle, che dopo poco passò alla BMW per riformarne in modo dirompente il design. Ma questa è un’altra storia.


Tornando al matrimonio, mio cugino (con un “g” sola!) mi chiese di guidare la Coupe fino al ristorante, visto che lui e la sposa si sarebbero spostati con l’auto... “cerimoniale”!

La strada da percorrere era di pochi chilometri e per lo più rettilinea... e ovviamente presi un’...allungatoia, conscio che se gliel’avessi anche solo sporcata non mi avrebbe più rivolto la parola per il resto dei miei giorni.

Insomma, il ricordo di quel turbo è ancora vivo, ma anche della tenuta di strada assolutamente all'altezza, del buon odore di pelle dei sedili e di quel rombo tipico, che in parte già conoscevo.


Sì, perché all'epoca scorrazzavo su una Tipo Duemilasedici che condivideva con la sua sorella più prestazionale il motore, in versione aspirata: 145 CV circa, contro i 190 dichiarati della Coupe Turbo. Ma non solo: anche il telaio era lo stesso, quel “Tipo2” utilizzato da parecchi modelli del gruppo Fiat, come Tempra, 155, Dedra, Lybra e GTV “916” oltre alle già citate Tipo e Coupe; un pianale sano, non particolarmente sofisticato, ma robusto e pensato sin dalla sua progettazione per “sopportare” potenze importanti (a differenza, ad esempio, di quello della Delta che nelle versioni più potenti aveva la sgradita tendenza a deformarsi, con buona pace degli estimatori del Deltone...).

La mia Tipo era identica a questa!
...con il suo bel volantino Momo in pelle, in comune con la Uno Turbo seconda serie...

Ma torniamo al cuore, a quel bialbero che solo anni dopo scoprii e ne studiai la genesi: si tratta dell’ultima incarnazione del celeberrimo “Lampredi”, dal nome del suo progettista, già alla corte della Ferrari e passato in Fiat negli anni ‘60.

Fu nel ‘66 che nacque uno dei motori di grande serie più innovativi dell’epoca, un quattro cilindri bialbero con distribuzione a cinghia dentata assolutamente all'avanguardia e in grado di rivaleggiare in prestazioni con il mitico bialbero Alfa Romeo, non so se mi spiego!

Il primo modello che equipaggiò fu guarda caso la Fiat 124... Coupe... quella del ‘66 certo!


Fiat 124 Coupe: la prima applicazione del "Lampredi"

Il destino volle che un’altra Coupe chiudesse la sua prestigiosa carriera, soppiantato dal 5 cilindri venti valvole “Pratola Serra” ... ma questa è un’altra storia ancora...


Tutto ‘sto pippone per dire cosa? Che ultimamente mi sta girando in testa una strana idea... sarà la pandemia, sarà che le banche non rendono più nulla sul conto corrente, sarà che già una volta non ho dato retta alla mia vocina – quella famosa SP02 che mi sono lasciato sfuggire... - insomma... mi è venuta voglia di Coupè, di Fiat Coupe... di Turbo 16v, la Lampredona!

Anche perché, tra le “youngtimer” più appetibili e ancora guduriose da guidare rimane una delle più a buon mercato e oltretutto con una probabile rivalutazione futura.


E poi, ripensandoci, ho scoperto un’altra coincidenza: tutte le “prime auto” di famiglia acquistate da mio papà hanno avuto, guarda caso, un “Lampredi” sotto al cofano: a parte la vecchia 1100R ereditata da mio nonno, siamo passati da una 132 1.6 GLS ad una Argenta 2.000 prima serie, poi ad una fantastica Croma 2.0, per finire alla già citata Duemilasedici, decisamente la più incazzata della compagnia. Ricordo che, pur avendo in comune il basamento e l’architettura generale con l’8 valvole della Croma, il motore della Tipo era di tutt'altra pasta: dove il primo era morbido e pastoso, il plurivalvole era vuoto e singhiozzante, ma superati i 4.000 giri precisi – regime in cui l’indicatore del contagiri era perfettamente verticale - diventava isterico e impaziente di aggredire la zona alta del contagiri fino a sbattere con rabbia contro il limitatore posto a 7.000 giri!

Insomma, inconsapevolmente il destino ha legato la storia “automobilistica” della mia famiglia a questo storico bialbero dalla spiccata personalità.

Non dimentichiamoci poi che fu ospitato dal cofano di automobili entrate nella storia, come la "segmento E" più amata dagli italiani, la Lancia Thema e della celeberrima Delta Integrale, vincitrice di svariati mondiali Rally. 

Lo stesso Lampredi progettò poi il quattro cilindri della meravigliosa Lancia 037, anche se non era parente stretto del nostro...


Come andrà a finire questa storia? Forse in niente, anche perché attualmente non ho lo spazio per tenere un’altra auto... ma un box non è poi un investimento da scartare...

Per ora mi limito a “lurkare” gli annunci in rete... e a sognare ancora quel rombo!

...una delle occasioni più papabili, in un bel verde bottiglia metallizzato...

142 visualizzazioni0 commenti
Post: Blog2_Post
bottom of page