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Musica !

Musica.

“Una musica può fare… salvarti sull’orlo, del precipizio… non ci si può lamentare…”.

Così cantava Max Gazzè in uno dei suoi pezzi più belli e famosi… mi ricordo mentre lo stavano intervistando in radio: ero in auto e pensavo che di quel Sanremo’99 era decisamente il mio brano preferito. A posteriori credo sia l’unico che ricordo.


Comunque.


La musica, un’altra delle mie tante, troppe, passioni.

I primi pezzi che ricordo con piacere – e che, lo ammetto, ascolto ancora oggi… - sono le mitiche sigle dei cartoni animati degli anni ’70-’80 scritte dalla premiata ditta “Albertelli-Tempera-Tavolazzi” e per lo più eseguite dall’orchestra sinfonica della RAI per la sua casa discografica, la Fonit-Cetra. E si sente, altroché se si sente! Ricordo che, appena cinquenne, passavo i pomeriggi in giro per casa con il mangiadischi arancio nella mano destra mentre suonava il 45 giri blu della bellissima sigla di “Capitan Harlock”: aveva un non so che di possente, di potente, di “pieno” … e ci credo…


Il mitico vinile blu del Capitano ! (Immagine dalla rete)

Ma sull’argomento, molto variegato, forse ci tornerò in un altro momento…

Fin da piccolino sognavo di suonare uno strumento e, dopo aver distrutto in pochi secondi una finta chitarrina di finta plastica, cambiai strumento. Alle elementari – grazie al nostro maestro di musica – iniziai con il flauto dolce, un flautino azzurro consunto che rotola ancora in qualche cassetto nella casa dei miei…


La mia prima "tastiera"... (immagine dalla rete)

Da lì alla prima tastierina “Bontempi” il passo fu breve! A destra la tastiera “tradizionale” e a sinistra i tastoni con le due file di lettere dell’alfabeto, “C-D-E-F-G-A-B” che altro non erano che gli “accordi” semplificati con le note scritte all’anglosassone… ma allora suonavo solo a “orecchio” … e usavo pure quelli quando mi sembrava che quagliassero con la melodia suonata con la mano destra.


Intanto continuavo ad ascoltare musica di tutti i generi… da Gazebo e la “italo-disco” degli ann’80, al jazz, passando per la lirica spulciata dai vinili del babbo… ascoltavo e assorbivo di tutto.

Le prime audio-cassette regalatemi dai miei – la prima in assoluto fu proprio il primo album di Gazebo, con la famosissima “I like Chopin” che all’epoca mi piaceva un sacchissimo !

Crescendo cominciai a suonare il pianoforte, un Shulze Polmann verticale per il quale i miei, bontà loro, si prosciugarono e iniziai a studiare. Ma dopo alcuni anni di musica classica – la base – mi stufai e nei primi anni di liceo decisi di lasciar perdere.

Non smisi di ascoltare musica… di tutti i generi... anche se ho sempre prediletto il funky-jazz per quel suo alone di imprevedibilità, di improvvisazione e di “ritmo” che nessun altro genere, per me, possiede.

A differenza di tanti miei coetanei, non ho mai amato il Metal, pur apprezzando le doti tecniche di molti esecutori… troppo barocco e inutilmente “rumoroso” per i miei gusti… preferivo di gran lunga il jazz in tutte le sue “contaminazioni”, quel suo aleggiare in una qualche indecifrabile improvvisazione, la potenza dei fiati, il tocco leggero del pianoforte, il pulsare del contrabbasso, la batteria presente ma mai “invadente” …


Già il pianoforte. Per fortuna non è del tutto sparito dalla mia vita.


Anche se, per parecchio tempo, è stato sostituito dalla classica tastiera elettronica che tanto andava di moda in quegli anni. Insomma, grazie all’oratorio, agli amici, e alla voglia di ritornare a suonare, ripresi a muovere le dita su una tastiera/arranger Yamaha che oggi definirei “catafalco”, un PSR sarcazzo…

Lo “aggiornai” con un modulino esterno, un Yamaha TG-55 per poi passare ad una workstation Yamaha W7. A guardarmi indietro mi rendo conto di aver scelto alcuni tra gli strumenti più sfigati di sempre!

Nel frattempo... un gruppettino... qualche esibizione dal vivo... tanto divertimento...


Una volta sposato mi tornò la voglia di suonare una tastiera “vera”, cioè pesata, lunga – 88 tasti - e con un suono di pianoforte come si deve. Ed ecco allora la Fatar usata, accoppiata ad un Real Piano, anch’esso usato, poi una S90 ES – quella utilizzata a suo tempo dal grande Rocco Tanica… avere un decimo del suo talento… - per poi arrivare ai giorni nostri con il Roland FP7 su cui ogni tanto strimpello qualche nota.



Purtroppo il tempo è tiranno e spesso quando mi siedo a suonare intervengono “fattori esterni” a disturbare l’esecuzione: mia figlia che si vuole sedere sulle ginocchia e suonare a sua volta… mia moglie che urla di “abbassare il volume” – e come si fa a suonare a “volume basso” ??? – l’altro figlio che chiama per una qualche richiesta assurda nata nel momento in cui ho appoggiato le chiappe sul cadreghino…

Ma se il tempo a disposizione è sufficiente, sono abbastanza “ispirato” – cioè se riesco a trovare un ritaglio di tempo prima delle undici di sera… ecco… allora torna la magia.

Le prime note sono di “riscaldamento”, per sciogliere le dita, di solito ferme da tanto, troppo tempo.

Si parte con qualcosa di semplice, che conosco a memoria o con qualche accordo messo lì a caso, a comporre una qualche armonia vagamente atmosferica. Di solito prediligo il suono del pianoforte classico… qualche volta viro sul Rhodes… se proprio mi va, passo in rassegna la tavolozza infinita di suoni e suonini più o meno analogici, più o meno improbabili, abbinandoli in split a un basso acustico/contrabbasso o ad un bel Fretless…

Poi parte l’arranger, con cui intarsiare un qualche assolo – sfigatissimo – ma che mi porta via le mezzore…

Poi si torna sul piano acustico, secco e asciutto, magari con bel Firth of Fifth, in versione “l’ho tirata giù a orecchio quando ero ragazzino” …


Epica performance casalinga !

Insomma, mentre suono entro nel tunnel, mi emoziono, sudo come sulla Colada di San Colombano, perdo completamente il senso del tempo, entro in tranche per poi risvegliarmi in una dimensione spazio/temporale diversa…

Sono consapevole della scarsezza tecnica, ma poco importa: quante volte la musica mi ha aiutato a superare momenti difficili ?... spesso… quasi sempre...

E se proprio manca il tempo per suonare, bhè, attingo dall’infinito catalogo di musica liquida dell’hard disk del PC o – meglio – butto sul piatto qualche vecchio vinile e faccio ascoltare un po’ di buona musica ai figli…

Aveva ragione il buon Max (Gazzè): …una musica può fare… salvarti sull’orlo, del precipizio, non ci si può lamentare…

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