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  • Immagine del redattore CET

Bici da corsa, mon amour !


La campagna tra Lodi e Crema non è poi così male.

La bici da corsa è forse la mia passione più grande.

Ovviamente non la bici in sè, l’oggetto.

Ma l’”andare” in bici.


Ho iniziato quasi per caso nell’estate dopo il diploma del liceo – tanti anni fa - montando un manubrio da corsa alla bicicletta che utilizzavo per le mie scampagnate in campagna.

Solo dopo tre anni mi è stata regalata la mia prima vera bici da corsa, con telaio in acciaio, cambio a manette sulla canna obliqua e una “fantastica” guarnitura 52/42 con cui ho fatto di tutto…

Dopo quella, come regalo di laurea, ricevetti una prestigiosa DeRosa – anche se il modello “base” - in alluminio, finalmente ergo-power su cambio Shimano 105, bici che ho sostituito solo l’anno scorso con una fatta su misura da un bravissimo artigiano delle mie parti, con telaio in carbonio e l’ultima evoluzione dell’amato 105.

Nel frattempo, uno stop di 6 anni dovuti a problemi fisici e altri tre mesi per un banale ma brutto incidente in mountain bike in cui ho rischiato tanto.


Sia chiaro: mai fatto una gara, non lo faccio per agonismo.

Ma neanche per “passeggiare”.

Ciò che mi spinge a pedalare è ogni volta la sfida con me stesso, con la mia pigrizia, con i miei limiti fisici, i miei dolorini sempre maggiori, il clima, spesso infausto, l’età che avanza...

Il gusto della sfida. E’ questo il sale di ogni sport. E’ questa la risposta alla più classica della domanda che ti viene posta da “chi non capisce”: “ma chi te lo fa fare ??”.


Da quando sono nati i miei due splendidi bimbi, si è poi aggiunta la sfida contro il tempo, stavolta non atmosferico, ma fisico…

Così mi ritrovo ad uscire la mattina presto, in settimana prima del lavoro, e al sabato, ma solo per il tempo concesso dalla famiglia, cioè poco più di due ore, a volte tre.

Ma va bene così.


C’era un tempo in cui ogni estate mi facevo le mie due settimane “sacre” in Alto Adige, il mio paradiso, in cui quasi ogni giorno la sfida erano i passi più belli al mondo. E per me che sono un “padano” le prime salite le sentivo tutte nelle cosce che non erano abituate a quelle pendenze.

E le discese ?

Meravigliose, quasi quanto le salite. Da buon motociclista mi ritrovavo a pennellare traiettorie, a spostare il peso in frenata, a tirare fuori il ginocchio in curva.

Così ogni anno mi trovavo a fermarmi durante la prima discesa lungo il Gardena, con le lacrime agli occhi per l’emozione.

Mi mancano quelle salite, tanto. Chissà se l’anno prossimo…


Intanto stamattina mi sono fatto la mia sgambatina, rispettando le due ore di tempo… 62 km circa… sulle strade del lodigiano e del cremasco.


La bella chiesa di Montodine.

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