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Nuvole nere e pedalate

Aggiornamento: 20 apr 2021

La testa è pesante e i pensieri cupi. Hai passato una settimana di merda, soprattutto gli ultimi due giorni sono stati pessimi.


Mentre passi il cancellino condominiale cogli l’occasione con l’ennesimo contrattempo per il porcone di turno: umore nero; chissà come pedalerai questa volta, con il solito tempo contato e gli impegni costanti pure di domenica, come sempre. Mai una mezza giornata in cui “tirare” davvero il fiato e concederti il relax di scoprire nuove strade o semplicemente il lusso di una sosta in più, per una foto, un caffè o una visita ad un amico. Niente, come al solito ti tocca partire “ventre a terra”, pedalare e sperare di non avere contrattempi.


Fanculo.


Eppure, dopo duecento metri la mente è già un po’ sgombra, l’aria frizzante ma non troppo di una domenica di fine febbraio quasi primaverile ti gonfia i polmoni rigenerandoli.

Hai scelto bene il vestiario: i ciclisti “tre quarti” uniti alla maglia lunga non troppo pesante sono perfetti per il clima odierno. Incontri tanti ciclisti abbigliati come d’inverno e pensi a quanto caldo stiano patendo.

Tu stai bene e dopo pochi chilometri il miracolo - incredibilmente - si ripropone: i tumulti sono lontani, ci sei solo tu, il tuo cuore che batte contro il primo cavalcavia preso con il “50”, senza scalare: tieni il rapporto, tieni il rapporto… Poi l’avvicinamento alle “tue colline”, senza forzare ma a buon ritmo. I primi “dossi”, non mollare… la campagna ancora brulla e spoglia cozza con i 14 gradi rilevati dal Bryton; c’è un clima quasi surreale.


Incontri tanti ciclisti, la maggior parte ti sembra “a passeggio”, non sono di certo concentrati come te a sfruttare ogni millesimo del tempo che ti è stato concesso, a spremere ogni metro, ad assaporare ogni singolo momento.

Ti godi tutta la campagna fino alla prima “lunga” e dolce salitina che ovviamente prendi con il coltello tra i denti, superando qualche “passeggiatore” come se fosse fermo. Scollini con il cuore in gola e ti butti sulla prima discesa, fino al paese successivo, al termine del quale incontri la seconda salita, più impegnativa, breve e secca com’è. La affronti con il solito rapporto, tieni la velocità; scorgi un ciclista a tre quarti dalla cima e naturalmente lo punti, lo prendi come riferimento e lo raggiungi a salita appena conclusa, con il sugo all’arrabbiata che comincia ad arrabbiarsi…

Veloce falsopiano in salita e giù dalla “Capra”… mentre voli in discesa incroci altri ciclisti che stanno salendo e decidi di rifarti la salita per cercare di riprenderli. Così giunto “a valle” giri la bici e riparti a buon ritmo, riprendi tutti, risaluti l’arrabbiata e ti ributti in discesa.


Da adesso in poi è tutta pianura e campagna, da godere, da annusare, da tagliare con la tua “blu MOON” che sferraglia silenziosa, steso sulla piega bassa del manubrio per bucare la leggera bavetta contraria.

Ad una decina di km da casa ti concedi una brevissima pausa “fruttino” e riparti di slancio; lungo la ciclabile cerchi di dribblare ciclisti, podisti, camminatori – rigorosamente in tre ad occupare tutta la corsia - monopattinisiti, bambini, cani, porci e tutto il bestiario immaginabile di una domenica pomeriggio in zona gialla: il tuo campanellino cinese ha il suo bel daffare! Finché torni sulla strada e imbocchi la tangenziale di Lodi, pregando che il solito coglione in SUV non decida di distrarsi al cellulare e di centrarti…

Vuoi passare almeno i 60km, così allunghi fino al “IlGigante”, attraversi Lodi e rispunti dall’altra parte, ripetendo l’ultimo tratto di tangenziale prima di casa.

Alla fine hai totalizzato 64km circa ad una media ben sopra i 30… niente male. E non sei stanco, nonostante abbia spremuto per bene cosce e polpacci. Ti faresti volentieri altri 10-15 km, ma sei già quasi fuori “tempo massimo”.


Butti la bici nel box e torni a casa di fretta, per scoprire che sì, avresti potuto farti altri 10-15km… anche 20 o 30, visto che l’impegno improrogabile non c’era più.

Neanche ti incazzi più. Saranno le endorfine, sarà l’assuefazione, sarà che quando riesci – non sempre purtroppo – cerchi di attivare la modalità “Gandhi”, insomma, ti godi il momento e basta, quel misto di “relax, soddisfazione, spossatezza, fame, sete, endorfine, ricordi e immagini del giro” che solo i ciclisti possono capire.


E ringrazi per l’esistenza di quell’invenzione fantastica a due ruote che ti permette di stare a galla anche in certi momenti di merda. E questa volta niente foto, ‘chè non hai trovato il tempo. Solo la traccia su Strava, giusto come appunto.



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